martedì 24 marzo 2009

"Un mare di latte": una storia indù


(la Via Lattea)

"Tanto tempo fa, prima che il mondo avesse inizio, non c'era nient' altro che un fiore di loto di un bianco purissimo, galleggiante in un mare di latte. Fra i suoi petali di seta dormiva profondamente Brahma, il creatore. A parte il fiore, però, non c'era nient' altro. A un certo punto Brahma cominciò a destarsi. Aprì gli occhi e, quando fu completamente sveglio, si accinse al compito di creare il mondo. Dalle sue lacrime nacquero la terra, l'aria e il cielo. Il suo corpo disteso diventò l'universo, il giorno e la notte, la luce e il buio, e vennero le stagioni secche e i monsoni, il fuoco, il vento e la pioggia. Dalla sua bocca uscirono capre, dai fianchi mucche, dai piedi elefanti, cammelli, cavalli e cervi. I peli del suo corpo divennero fili d'erba, radici e frutti. E infine Brahma creò i Deva e gli Asura, gli dèi della luce e del buio. Ora, il mare di latte conteneva un liquido magico detto" amrita", l'elisir della vita. Chiunque lo bevesse sarebbe vissuto per sempre. Naturalmente tanto i Deva quanto gli Asura volevano questo liquido tutto per sé. Però l'unico modo per estrarre l'amrita consisteva nel frullare il mare di latte, proprio come si fa per ottenere dal latte il burro o il formaggio, e né i Deva né gli Asura se la sentivano di fare da soli, per cui si misero d'accordo, una volta tanto, per lavorare insieme. Prima bisognava procurarsi una corda e un bastone abbastanza robusti per l'operazione. I Deva ebbero un'idea. «Come bastone per mescolare useremo questa montagna» gridarono, e tirarono giù la grande montagna, il monte Mandara, che sorgeva alta e ripida dal mare di latte. Per non essere da meno, gli Asura annunciarono: «Come corda useremo questo serpente!» ed esibirono il loro reperto: un cobra gigantesco, più lungo di qualunque serpente abbiate mai visto. In effetti non era un serpente ordinario: era Vasuki, il re dei serpenti. Gli Asura arrotolarono il cobra intorno alla montagna, spira dopo spira. Poi lo afferrarono per la testa mentre i Deva lo afferravano per la coda, e cominciarono a tirarlo avanti e indietro, avanti e indietro con tutte le loro forze. Via via che tiravano, il monte Mandara cominciò a roteare dentro le spire del serpente. Vorticava sempre più veloce, così veloce che gli alberi sparsi lungo i suoi pendii si sradicarono e presero fuoco. Per fortuna c'era nei paraggi il dio Indra, che con la pioggia delle sue grandi nuvole provvide a spegnere l'incendio. Ma anche così il pericolo non era scongiurato del tutto. La montagna era tanto pesante che cominciò a perforare la terra come un trapano, minacciando di farla a pezzetti. Allora gli dèi mandarono una tartaruga gigante a sorreggere la montagna, e la terra fu salva. Intanto il mare di latte cominciava a ribollire e spumeggiare: dapprima si formò un colossale gorgo di latte, e poi un burro densissimo. Con gli ultimi residui di energia, i Deva e gli Asura mescolarono un altro po', e dal mare di latte sorsero il sole e la luna, gemme scintillanti e mille altri tesori, e infine il tesoro più grande: un calice d'oro colmo del prezioso amrita, l'elisir dell'immortalità. Nel frattempo i grandi dèi erano rimasti a guardare con estremo interesse, decisi a farsi avanti all'ultimo momento per impedire agli Asura di bere l'amrita e diventare ancora più cattivi di quanto già non fossero. Così, non appena l'amrita sgorgò dal mare di latte, Vishnu, il conservatore, lasciò il suo punto d'osservazione sul vicino monte Meru, scese sulla terra e afferrò al volo il calice d'oro. Ma prima che avesse il tempo di metterlo al sicuro sul monte Meru, uno degli Asura, un demone di nome Rahu, gli strappò dalle mani il calice e cominciò a bere. Il sole e la luna gridarono a Vishnu: «Quello è il demone Rahu, il peggiore di tutti gli Asura! Devi farlo smettere di bere, o ci saranno sofferenze e disgrazie per tutti noi!» Veloce come un fulmine, Vishnu colpì Rahu sulla testa prima che riuscisse a bere tutto l'amrita. Il corpo morto del demone piombò giù verso la terra, mentre la testa saliva nel cielo, urlando di rabbia e digrignando i terribili denti. Non poteva morire perché l'amrita aveva già raggiunto la gola e aveva dato alla testa il dono della vita eterna. A quel punto esplose una tremenda battaglia. I Deva e gli Asura si scagliarono gli uni contro gli altri, brandendo armi fatte di lampi, montagne ardenti e frecce dalla punta di fuoco. Per due giorni e due notti infuriò la battaglia, finché gli Asura non furono costretti ad ammettere la sconfitta. Migliaia di demoni giacevano morti o moribondi; altre migliaia strisciarono via per andare a nascondersi nei pozzi della terra o nelle profondità del mare. I grandi dèi divisero equamente l'amrita con i Deva, e rimisero al suo posto il monte Mandara. L'unico Asura sopravvissuto per raccontare la storia fu la testa di Rahu, destinata per sempre a inseguire la luna, sua mortale nemica, attraverso i cieli. Lo potete vedere con i vostri occhi: ogni volta che Rahu riesce a raggiungere la luna, se l'inghiotte tutta intera ed essa svanisce dal cielo. Ben presto, però, la luna crescente scappa dalla gola di Rahu e ritorna nel cielo."
(storia indù)

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