venerdì 17 aprile 2009

Nuove frontiere

vai su art a part culture


di Pino Giampà









| E’ una grande isola, la Sardegna, dove il contemporaneo può essere popolare ad una collettività capace di trovare nella qualità dell’arte -appunto: contemporanea- un punto di riscatto dalla sua separazione economica e culturale.Il Man di Nuoro ma anche e soprattutto la creazione, a Cagliari con la ex Manifattura Tabacchi, del primo Distretto Culturale evoluto in Italia, sono i veri protagonisti di questa vicenda; lo sono, certamente, insieme a tanti altri luoghi e spazi per l’arte contemporanea e all’impegno attivo di quanti si fanno carico di aprire uno sguardo sulle proposte culturali più interessanti, emergenti, sperimentali, considerando che, oltre a ciò, e a quelle cattedrali-nel-deserto a Nuoro e a Cagliari, su tutto l’ampio territorio non esiste nessuna galleria d’arte contemporanea privata degna di questo nome.

Sì, ci sono gallerie che ospitano giovani artisti, ma esse operano in un mercato praticamente inesistente, comportandosi di conseguenza, senza rinunciare peraltro a piccole forme di dittatura curatoriale che dura giusto il tempo di divorare i piccoli risparmi degli sprovveduti galleristi e di collezionisti rari ed occasionali, salvo poi mandare tutto alla deriva per fiondarsi verso qualche altro volenteroso che ancora non ha capito che, in Sardegna, l’arte è vissuta più come una forma da guardare che da acquistare.

Eppure, di curatori e collezionisti di un certo rilievo ce ne sono, ma vivono principalmente preoccupandosi di collegarsi con quello che passa il resto del modo (dell’arte), evitando -chissà perchè- di sostenere con impegno e costanza almeno una galleria locale. Naturalmente, sono però anche subito disposti ad acquistare almeno una piccola opera dell’artista sardo che fa mostre nel continente, facendo leva sulla sua personale intraprendenza spesa in spazi e luoghi che non sono certo il must del mercato… Ma, va detto, qui non passa molta differenza tra De Carlo, Marconi e Marconi, l’altro, quello di Cupramarittima, fermo restando che quest’ultimo gallerista è comunque di un livello che le giovani gallerie sarde non hanno certo ancora raggiunto…

Eppure, in questo desolante panorama, sono gli spazi istituzionali, con curatori di altissimo livello a far parlare della Sardegna come di un isola felice per l’arte contemporanea anche se, in realtà, tutto questo avviene sfruttando il provincialismo diffuso; così, passano come qualcosa di utile al territorio delle esperienze molto lontane dal talento, dalla creatività e, soprattutto, dalla cultura di un popolo che in questo modo viene così ad essere aggirata e raggirata. Non fraintendiamoci: è straordinario scoprire mostre ed artisti che di solito si incontrano nelle più importanti rassegne internazionali; ma è il vuoto che circonda tutto questo che ci lascia disorientati.

Il discorso sui distretti culturali, portato avanti da Pierluigi Sacco, ha cercato di porre rimedio a tutto questo. Ma a pagare un duro prezzo restano una moltitudine di artisti, isolani ed isolati, che per la verità mantiene, nonostante tutto, un discreto livello di produzione. Questa, la produzione, più che accettabile, non è però stimolata ed indirizzata da strategie e da confronti nè culturali nè curatoriali che solo una galleria privata, realmente interessata alla produzione e divulgazione sul mercato, può contribuire a costruire.

In questa deriva, vedere almeno due generazioni di artisti potenzialmente validi che partecipano a mostre insostenibili da ogni punto di vista, con installazioni e performances a dir poco grottesche e presuntuose, non contribuisce certo ad incentivare un corretto avvicinamento del pubblico all’arte contemporanea; semmai, sembrano autorizzare i curatori istituzionali nel continuare a cercare altrove questa produzione.

L’iniziativa dell’associazione Cherimus (Emiliana Saiu, Matteo Rubbi, Marco Colombaioni) ha provato, invece, a fare arrivare -in residenza- artisti come Alfredo Jaar, Jeorge Orta, Alberto Garutti, accompagnati da curatori internazionali, per poter interagire direttamente con la popolazione locale; questa sembra essere la strada da perseguire, insieme a quella di Pierluigi Sacco, per dimostrare in pieno le potenzialità di un arte che potrebbe essere destinata a diventare una vera e propria forma di welfare per i cittadini spingendo questi ultimi a riscoprire la propria memoria e a guardare con fiducia all’avvenire; mettendoli in grado di dare voce alle proprie esigenze e ai propri bisogni; dando loro modo di partecipare ai processi di pianificazione ambientale ed urbana; insomma: permettendogli di cogliere tutte le opportunità economiche, sociali, formative e culturali del territorio.

Comunque, nonostante una comprensibile diffidenza da parte di alcuni amministratori locali, altre iniziative stanno nascendo in tal senso, soprattutto nel Sulcis Iglesiente, il quale potrebbe vedere una via di uscita dalla crisi del suo distretto industriale primario proprio grazie all’azione e all’attenzione che l’arte e la cultura stanno rivolgendo a questo territorio.













Immagini:

* Performance di Eleonora Di Marino durante l’Estate Iglesiente
* Alfredo Jaar, Emiliana Sabiu e Bartolomeo Pietromarchi nel Sulcis Iglesiente

Leggi anche:

* http://www.artapartofculture.org/2008/08/30/qualcosa-si-muove-a-carbonia-iglesias…
* http://www.artapartofculture.org/2008/08/26/notteggiandoa-iglesias-dedicata-a-j-be…

1 commento:

  1. E' arrivato il momento di far visita alla Sardegna...parola di sicula :)
    enza

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