domenica 28 settembre 2008

Equilibrio cercasi



(Tratalias,Cattedrale di Santa Maria di Monserrato.Chiesa di stile romanico risalente al XIII secolo,costruita in roccia trachitica dall'architetto Guantino di Stampace).

“…[…]Consideriamo per esempio le forme del tempio greco: come le si possono capire? Solo avendo chiaro che tutto il pensiero architettonico del tempio greco era orientato a fare di esso la dimora del dio o della dea, il cui simulacro vi era contenuto. Tutte le forme del tempio greco sarebbero un’assurdità, se non fossero considerate come l’involucro, la dimora del dio o della dea che doveva trovarsi all’interno.
Progrediamo dalle forme del tempio greco alle successive forme architettoniche più significative, e arriviamo al duomo gotico. Chi, entrando nel duomo gotico, avesse la sensazione di avere davanti qualcosa di conchiuso, di finito, non comprende le forme dell’architettura gotica, così come non comprende le forme del tempio greco chi non tiene conto del fatto che in esso è contenuta l’immagine del dio. Dobbiamo immaginare il dio nell’interno, e per capirne la forma esso deve appunto venir pensato all’interno del tempio; un tempio greco senza il simulacro del dio è infatti impensabile per chi abbia comprensione e sensibilità. Anche un duomo gotico vuoto è qualcosa di impossibile per l’uomo dotato di sensibilità. Il duomo gotico è completo solo quando è riempito di gente, quando la comunità vi è contenuta, e in verità solo quando è pieno di uomini e si parla ad essi in modo che lo spirito della parola domini sulla comunità o nei cuori degli uomini. Solo allora il duomo gotico è completo. Ma la comunità ne fa parte, altrimenti le sue forme non sono comprensibili.
Che genere di evoluzione ci si presenta dal tempio greco al duomo gotico? Tutte le altre forme sono in sostanza solo forme intermedie, checché ne dicano dubbie interpretazioni storiche. Che evoluzione abbiamo dunque? Considerando la civiltà greca, questa fioritura del quarto periodo postatlantico, dobbiamo dire: nella coscienza greca restava ancora qualcosa della vita di potenze spirituali divine tra gli uomini, e questi si comportavano in modo da costruire dimore ai propri dei che si potevano raffigurare solo in immagine. Il tempio greco era la dimora del dio o della dea, e si aveva la coscienza che essi si aggirassero fra gli uomini. La posizione del tempio nella civiltà greca non sarebbe pensabile senza tale coscienza della presenza di potenze spirituali divine.
Se ora procediamo dalla fioritura della civiltà greca al suo declino verso la fine del quarto periodo postatlantico, dunque verso l’ottavo, il nono, il decimo secolo dopo Cristo, giungiamo alle forme dell’architettura gotica, promosse dalla comunità. Tutto corrisponde alla vita di sentimento degli uomini di quel tempo. Essi erano in una disposizione d’animo naturalmente diversa da quella che fioriva nel pensiero greco. Non vi era alcuna coscienza della presenza diretta di potenze spirituali divine che erano trasferite in un lontano al di là. Il regno terrestre er in modi diversi accusato di essere il luogo della caduta di potenze divino-spirituali. Si considerava l’elemento materiale come qualcosa da evitare, da cui distogliere lo sguardo, per rivolgerlo invece verso le potenze spirituali. Ogni uomo cercava nell’unione con gli altri uomini entro la comunità ( in certo modo ricercando lo spirito di gruppo dell’umanità ) il dominio dello spirito il quale aveva con ciò acquistato un certo carattere astratto. Ecco perché le forme gotiche fanno un’impressione più astratta e matematica in confronto alle forme architettoniche greche, dall’effetto più dinamico, che accolgono e avvolgono il dio o la dea. Nelle forme gotiche tutto tende all’alto, tutto rimanda alla ricerca, nelle lontananze spirituali, di quello di cui l’anima ha sete. Per il greco il suo dio o la sua dea erano presenti; egli ne sentiva per così dire il sussurro con l’orecchio dell’anima. All’epoca del gotico, invece, l’anima nostalgica poteva presentire il divino solo in forme tendenti all’alto.
L’umanità, nella disposizione dell’anima, era diventata anelante, costruiva sull’anelito, sulla ricerca, credendo di poter essere più felice in questa ricerca, se si riuniva in comunità, ma era sempre convinta che l’elemento spirituale-divino non fosse qualcosa che si trova fra gli uomini, ma che si nasconde in substrati misteriosi. Quando si voleva esprimere ciò cui si aspirava ardentemente, si poteva farlo solo allacciandolo in qualche modo al mistero. L’espressione per tutta questa disposizione animica degli uomini di quel tempo è il tempio o il duomo, le cui forme tipiche, possiamo dire, sono quelle del duomo gotico. […]
L’uomo medievale aveva il duomo: esso non serviva come dimora di Dio, ma doveva essere la porta aperta sulla via che conduceva al divino. Gli uomini si riunivano nel duomo per fare le proprie scelte traendole dall’anima di gruppo; è caratteristico per tutta l’umanità medievale di aver qualcosa che è comprensibile solo con l’idea dell’anima di gruppo. L’uomo singolo, individuale non si affermò fino alla metà del secolo quindicesimo, come avvenne invece dopo quella data. Da allora in poi diventa esenziale nell’uomo la tendenza ad essere un’individualità, a raccogliere forze personali, individuali, a trovare in certo modo un centro in se stesso.
Non si può comprendere quello che sorge nelle più diverse aspirazioni sociali del nostro tempo, se non si conosce questo dominare dello spirito individualistico in ogni singolo uomo, questo volersi basare di ogni singolo su se stesso.
Per questo però qualcosa diverrà particolarmente importante per l’uomo nel periodo che si è iniziato con la metà del secolo quindicesimo e che terminerà colo verso il quarto millennio: qui entra qualcosa di molto importante per questa epoca, perché si rimane piuttosto nel vago quando si dice: ogni uomo tende a una sua speciale individualità. Lo spirito di gruppo, anche quando comprende piccoli gruppi, è qualcosa di assai più comprensibile di quello a cui l’uomo aspira, partendo dalla sorgente primordiale della propria individualità. Ecco perché sarà di particola importanza per gli uomini moderni comprendere quella che si può definire la ricerca dell’equilibrio tra i poli opposti.
Uno dei poli spinge a mettersi al di sopra di se stessi; porta a tutto ciò che conduce l’uomo a essere fanatico, fantasioso, illuso, a colmarsi di stimoli mistici indefiniti verso qualche vago infinito, a realizzarsi come panteista o teista o qualcosa di simile, come oggi avviene spesso. L’altro polo è quello della freddezza, dell’aridità, detto in modo banale, ma non irreale rispetto allo spirito del tempo presente, anzi in modo veramente reale; è il polo della pedanteria, della piccineria, il polo che ci attira verso la Terra, nel materialismo. Questi due poli di forza sono nell’uomo e tra di essi sta l’essere umano che deve cercare equilibrio. In quante maniere si può cercare l’equilibrio? Possiamo rappresentarcelo di nuovo con l’immagine della bilancia[…].
Come per il greco era importante sentire che nella comunità in cui viveva agiva Palladi o Apollo, che il tempio era la dimora di Palladi oppure di Apollo, come per l’uomo medievale era importante sapere che vi era un luogo di riunione che racchiudeva qualcosa, fossero reliquie di santi, o il santo Gral stesso, un luogo nel quale vi si riuniva, poteva elevare le aspirazioni dell’anima verso l’indefinito pieno di mistero, così è importante per l’uomo moderno sviluppare una sensibilità per quello che egli è quale individuo; come individuo egli è infatti un ricercatore dell’equilibrio tra due forze opposte, tra due forze polari.
Si può esprimerlo animicamente dicendo: da un lato agisce la tendenza dell’uomo a voler levitare al di sopra del suo capo, al fanatismo, al fantasioso, a ciò che sviluppa bramosia, senza curarsi delle reali condizioni dell’esistenza. Come si può animicamente caratterizzare in questo modo uno degli estremi, così si può definire l’altro estremo nel senso che esso spinge verso la Terra, l’aridità, l’arido intellettualismo e così via.
Esprimendosi fisiologicamente si può anche dire: un polo è quello in cui il sangue si riscalda fino a divenir febbrile; dal punto di vista fisiologico un polo è quello che si connette con le forze del sangue. L’altro polo è quello connesso con l’ossificazione, con la pietrificazione dell’uomo, con ciò che al limite porterebbe alle diverse forme di sclerosi. Appunto tra la sclerosi e la febbre, poli estremi radicali, l’uomo deve mantenere anche fisiologicamente il suo equilibrio. In fondo, la vita consiste nella ricerca dell’equilibrio tra freddezza, aridità, pedanteria e fanatismo, fantasticheria. Siamo sani nell’anima quando troviamo l’equilibrio quando troviamo l’equilibrio tra fanatismo e fantasticheria e aridità, pedanteria. Siamo sani nel corpo se riusciamo a vivere in equilibrio tra febbre e sclerosi-ossificazione. Può avvenire in infinite maniere e in ciò può vivere l’individualità.[…]…”.

(scritto tratto da: “La missione di Michele”, R. Steiner, Decima conferenza, Editrice Antroposofica, Milano, 19819.

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